Ho voluto intitolare questo articolo l’arte di educare, in quanto si tratta di un delicato gioco di equilibri tra autorevolezza e dolcezza, tra il porsi come guida e abbassarsi all’altezza dell’educando. Ma cosa significa educare? Educazione deriva dal latino educere che significa “tirar fuori” ciò che sta dentro ed è formato dall’unione di e- (da fuori) e ducere- (condurre). L’educazione era infatti definita da Socrate l’arte della maieutica, come l’ostetrica aiuta a far nascere il bambino, così l’educatore tira fuori il mondo interiore dell’educando, le sue potenzialità, il suo essere, ciò che egli è. Il bravo educatore, sulla scia di regole e valori, non plasma l’educando a sua immagine e somiglianza, ma lo aiuta a raggiungere il suo vero sé, nel rispetto della libertà dell’altro, senza prevalergli e senza la presunzione che i propri principi siano i migliori in assoluto. L’educatore si lascia infatti interrogare dall’educando, mettendosi in discussione, in atteggiamento di profonda umiltà, ammettendo anche i propri errori laddove sia necessario. Nella relazione educativa vi è un rapporto di scambio e di crescita: entrambi danno e ricevono qualcosa. L’educatore è colui che sa camminare sulle proprie gambe, che non cerca gratifiche personali dagli educandi per sentirsi appagato e migliore, ma sa sopportarne l’ingratitudine e il dissenso pur di guidare l’educando per la giusta strada e per il suo bene.
Educare è amare senza chiedere nulla in cambio, è un investimento a perdere; non sappiamo come e in che tempi vedremo i frutti, ma come il buon contadino, si semina sperando di aver preparato il terreno nel migliore dei modi per accogliere il seme.
Buon lavoro a tutti gli educatori.
di Lina Daniela Bevacqua
Educatrice ACR