Cultura

Il bambino con il pigiama a righe

Film drammatico del 2008 di Mark Herman, tratto dall’omonimo romanzo di John Boyne, che racconta la storia di Bruno, bambino di 8 anni, figlio di un gerarca nazista alle prese con un’amicizia quanto mai improbabile nella Germania della seconda guerra mondiale.

Mark Herman, al suo primo esordio in regia, decide di adottare una rappresentazione realistica del percorso di consapevolezza e conoscenza del male da parte di Bruno (Asa Butterfield) e tramite lui, anche della sua famiglia: della madre Elsa (Vera Farmiga) e della sorella Gretel (Amber Beattie), fortemente influenzata e plasmata dall’ideologia nazionalsocialista propugnata dal padre e da un severo istruttore privato.

Bruno, a seguito di una promozione del padre (David Thewlis) è costretto a lasciare la sua città Berlino, e tutti i suoi amici, per trasferirsi in una nuova casa situata nei pressi di un campo di concentramento, sotto la direzione del padre.
La sua sete di avventure lo porta all’esplorazione del verde circostante, fino ad imbattersi proprio sul campo di concentramento, ed è lì che dietro il filo spinato incontra Shmuel (Jack Scanlon), bambino ebreo della sua stessa età, affamato, affaticato e con una divisa a righe, e tra i due nasce subito una bella amicizia.
L’innocenza di Bruno non gli consente di immaginare tutti gli orrori che si celano dietro quel filo spinato, e dà a tutto una spiegazione ingenua ed infantile: il campo di concentramento è una fattoria, le divise sono dei pigiami ed i relativi numeri non fanno che parte di un gioco. Sarà Shmuel, piano piano, a fargli capire cosa realmente succede all’interno della “fattoria”, fino a fargli dubitare del padre, nel quale aveva sempre avuto massima fiducia. Purtroppo, entrambi i protagonisti dovranno affrontare le atroci verità che si celano dietro quei “pigiami”.

Come ne “La vita è bella” di Roberto Benigni, anche se con una chiave totalmente diversa e più drammatica, questo film ci racconta gli orrori dell’olocausto con gli occhi dei bambini e ci dà forse un insegnamento importantissimo: se riuscissimo a vedere il mondo con gli occhi e l’innocenza di un bambino, probabilmente non esisterebbero barriere o fili spinati che possano separarci.

di Nicolò Siino