Cultura

Echi lontani, un libro per ripercorrere il passato e avere accesso alla verità. Incontro con l’autrice Francesca Banchini

«La storia è questo, in fondo: percorrere con passi nuovi le strade di chi ci ha preceduto» (Echi lontani, pag. 129). 
Oggi parliamo di un libro a metà strada tra un giallo e un romanzo storico scritto a quattro mani, quelle di Francesca Banchini e Silvia Mannelli, “Echi lontani” che prende spunto da vicende realmente accadute.


La protagonista Sara, dopo la morte del nonno, il quale è stato maresciallo dei Carabinieri a San Marcello Pistoiese durante la Seconda Guerra Mondiale, mettendo in ordine alcuni documenti, trova una misteriosa busta che mette in crisi le sue certezze sull’identità del nonno. Inizia allora la sua ricerca della verità, per scoprire il coinvolgimento del nonno nell’arresto e nella deportazione di una famiglia ebrea. In un tempo, quello della guerra, che “non ha fatto sconti a nessuno”, tutto alla fine, tra incontri e scoperte, troverà una spiegazione logica.
Un libro scorrevole e di facile lettura, adatto anche a ragazzi, che porta alla luce una delle tante storie di sofferenza appartenenti al periodo della Seconda Guerra Mondiale.
Abbiamo incontrato una delle due autrici, Francesca Banchini, che nella vita è insegnante, per comprendere la scelta di scrivere quello che può essere considerato un libro sulla Memoria.

Si presenti. Chi è Francesca Banchini?
Ciao a tutti, abito a Poggio a Caiano, in provincia di Prato, abbastanza vicino a una delle bellissime ville di campagna che Lorenzo de’ Medici si fece costruire, villa che è il vanto di tutti noi poggesi, come se fosse casa nostra! Ho 41 anni, sono sposata da 13 anni con Andrea e abbiamo due figli: Chiara di 12 anni e Lorenzo di 6. Insegno a Pistoia, in una piccola scuola media della periferia della città. Il mio lavoro mi piace tanto perché ho sempre amato libri, storie, parole e ragazzi e aver potuto fare delle passioni che ho il mio lavoro è una cosa bellissima!

Sappiamo che da piccola ha fatto anche lei parte dell’Azione Cattolica. C’è un insegnamento o un ricordo legato all’Ac e che ancora oggi porta con sé?
Nei primi anni ’90 nella mia parrocchia alcune mamme con l’aiuto delle suore Minime del Sacro Cuore provarono a dare vita a una sezione di Azione Cattolica e mi chiesero se volevo dare una mano nella formazione dei bambini. Ho un ricordo bellissimo di quegli anni: incontri in diocesi, campi estivi, uscite invernali, collaborazione con altre esperienze di Azione Cattolica della Toscana.
Ricordo il forte senso di identità, la certezza che cambiare il mondo in meglio fosse possibile e alla nostra portata. Ho poi continuato il mio percorso per tanti anni come animatrice dei gruppi giovani della parrocchia e dell’esperienza in Azione Cattolica ho portato con me in particolare due cose: che la formazione è importante e che per poter trasmettere qualcosa agli altri conta soprattutto fare un cammino personale, altrimenti risuoniamo a vuoto e, alla lunga, senza senso.

Com’è nata l’idea di scrivere, insieme a Silvia Mannelli, il libro “Echi lontani”?
E’ nata davvero per caso. Nell’estate del 2018 mio marito stava facendo delle ricerche per scrivere un suo libro in cui ha raccolto le storie vere e spesso dimenticate degli ebrei presenti nel territorio di Pistoia durante gli anni della guerra. Ha dedicato a questo lavoro più di due anni di ricerca, tanto che il suo libro “Vite sospese” è in corso di pubblicazione in questi giorni con la casa editrice Settegiorni di Pistoia.
In quei giorni mi raccontò alcune di queste vicende, per certi versi così terribili da sembrare impossibili. Ne parlai con Silvia, che conosco dai tempi del liceo e che oggi è mia collega e amica, perché insieme condividiamo da tempo la passione per le storie e per una didattica dell’italiano basata proprio sull’insegnamento della lettura e della scrittura come processi e abilità che possono essere apprese. Rimanemmo colpite entrambe da alcuni dettagli, come quello della busta (se leggerete il libro capirete perché ci ha tanto colpito!) e decidemmo di provare a scrivere il romanzo.

Nel libro sono raccontate, anche senza renderle troppo complesse, vicende delicate: il trattamento riservato agli ebrei nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, il tema dei rapporti familiari, l’importanza di recuperare dal passato storie che potrebbero essere dimenticate per sempre. Com’è stato scrivere questo libro? Di chi o di cosa vi siete servite per ricostruire le vicende? Quali sono state, se ci sono state, le difficoltà incontrate?
Scrivere il libro è stato bellissimo, anche se impegnativo. Abbiamo svolto diverse ricerche in Archivio per conoscere i documenti originali ed essere precise nella narrazione: denunce, testimonianze, sentenze. E’ stato un viaggio nella storia davvero emozionante. Tutti i riferimenti ai luoghi e alla grande Storia sono veri: i nostri personaggi si muovono quindi su uno sfondo storico di assoluta verità. Questo ci ha fatto sentire fortemente la responsabilità di quel che facevamo.
La scrittura inoltre ci ha fatto sperimentare una sensazione particolare che non credevamo possibile: la storia è andata avanti da sé. Noi abbiamo deciso a grandi linee come strutturare la trama, ma poi erano i personaggi a farci capire se andava bene come stavamo procedendo, quasi come se fossero dotati di vita propria! Nella scrittura ci siamo servite molto anche della nostra esperienza. C’è tanto di noi in questo libro: il nostro rapporto con i nonni, i loro racconti, le sensazioni della nostra infanzia, i luoghi in cui passavamo le estati da bambine, come, appunto, San Marcello Pistoiese.

Perché chi si imbatte in “Echi lontani” dovrebbe leggerlo?
Perché è ispirato a una storia vera. Perché affronta un tema importante, come quello della custodia della Memoria. Perché, dietro alla narrazione romanzata e avvincente, permette di riflettere su alcune questioni come l’amicizia, il coraggio, la ricerca della verità, la famiglia. Ma soprattutto perché è una storia toccante che pensiamo possa arricchire chi la legge.

Lei è un’insegnante di lettere in una Scuola Secondaria di Primo grado, quindi ha ogni giorno a che fare con ragazzi giovanissimi. Che significa per lei fare Memoria e che valore ha oggi parlare di Memoria?
E’ molto importante. Credo profondamente che sia un dovere e che lo sia sempre di più, via via che gli anni passano e che gli eventi della Seconda Guerra Mondiale si allontanano nel ricordo. Stanno anche, inevitabilmente, scomparendo i testimoni diretti, quindi in prima linea ci siamo noi che abbiamo sentito i racconti dalla viva voce dei nostri nonni e che abbiamo il dovere di tramandarne la memoria. Sono però anche convinta che sia fondamentale non cadere nel rischio della retorica.
C’è bisogno cioè di coinvolgere i ragazzi sul piano emotivo, perché il ricordo non sia solo un vuoto esercizio moraleggiante ma perché metta radici nella vita di ciascuno. In questo senso credo che la lettura dei libri, l’immedesimarsi nelle storie, sia fondamentale e se con “Echi lontani” abbiamo contribuito anche in piccola parte a questo, ne siamo contente.

Un consiglio che sente di dare ai nostri lettori, in particolare a quelli più giovani.
Vivete la lettura non come un obbligo, ma come un piacere, un’esperienza che arricchisce, un’occasione per viaggiare con la fantasia. Se un libro non vi piace cambiatelo. Immergetevi nelle storie e scoprirete che la vostra vita ne sarà arricchita oltre ogni immaginazione.

Grazie per la sua disponibilità e per questa intervista che per noi ha molto valore. A presto!
Grazie a voi per questa occasione per chiacchierare insieme, anche se a distanza, e per conoscerci!

di Sara Ripellino
Presidente parrocchiale Ac S.G.M.Tomasi, Licata